Costantini, Cna: fanno mestieri manuali. Samuelli, Confesercenti: rischiano

«Lo diciamo da anni che gli stranieri, ancor prima della crisi, sono andati ad occupare mestieri abbandonati dai nostri giovani», afferma Dario Costantini, presidente di Cna Piacenza «e non deve essere un dato che stupisce perché al campanello delle imprese suonavano solo gli stranieri, che poi si sono fatti piccoli imprenditori ». L’euforia del lavoro comodo, del “camice bianco”, con la complicità delle nuove tecnologie avevano allontanato dagli obiettivi dei giovani italiani i mestieri manuali. «Era venuto a mancare il ragazzo di bottega perché i nostri rifiutavano quel posto, ed è per questa ragione che abbiamo avviato un percorso, allo scopo di avvicinarli nuovamente alle manualità, con Caritas, Fondazione di Piacenza e Vigevano attraverso il progetto “Vecchi mestieri per antiche generazioni” che sta facendo rientrare 15 giovani disoccupati, che poi si fermeranno nel mondo del lavoro ». Gli stranieri, continua Costantini, per anni sono stati «la forza lavoro delle nostre imprese » e sottolinea: «Nel commercio ben venga la concorrenza, purché le regole siano uguali per tutti», e sul tema della legalità «c’è molto da controllare, altrimenti non si spiegano certi numeri, soprattutto in edilizia» conclude il presidente di Cna.

Alla Cassa Edile sono iscritte 598 imprese delle quali 56 straniere «che significa il dieci per cento delle ditte attive – informa Lucia Guglielmetti dello stesso ente – e di questa percentuale il tre sono albanesi, altrettanti sono bosniaci, mentre il restante 4 per cento sono ex jugoslavi, romeni, macedoni, bulgari e croati». Negli ultimi tre anni il calo è stato generalizzato, sia fra italiani che non «e sono calati molto anche i dipendenti iscritti alla Cassa, dei quali il 35 per cento non italiani, mentre fino a qualche anno fa erano il 50 per cento, come sono diminuiti gli addetti dell’edilizia». Il commercio, per numero di imprenditori non italiani ha superato l’edilizia.

«Alcune di queste nazionalità sono prettamente e storicamente legate alle attività commerciali – conferma, Fabrizio Samuelli direttore di Confesercenti -, si tratta perlopiù di giovani, di gente che vuole investire, propensa al rischio, che riesce ancora a mettersi in gioco, giovani che sanno fare comunità, fare gruppo». Samuelli indica tali caratteristiche, più che mai necessarie in tempi di crisi, nella popolazione cinese: «Non vanno in banca ma cercano l’aiuto nella famiglia, tra i parenti che sono sempre disponibili, non c’è questa forma di solidarietà nella nostra comunità, di qui la forza della neo imprenditorialità straniera ». Del resto gli imprenditori stranieri aumentano perché aumenta la popolazione straniera residente e vanno a coprire, in molti casi, le necessità e i bisogni delle loro tradizioni, come le macellerie arabe, i kebap, i negozi di alimentari russi, macedoni o romeni, o costituiscono manodopera.

Libertà del 04/02/2014