Limite per la sopravvivenza 40mila imprese. Piacenza con 38mila “out”

PIACENZA – Un tetto di 40mila imprese iscritte, necessario per la sopravvivenza degli enti camerali. Il parametro è stato inserito, a sorpresa e a titolo esemplificativo, nel documento elaborato da Unioncamere Emilia-Romagna, nei giorni scorsi, scatenando l’opposizione del presidente piacentino, Giuseppe Parenti. La notizia ha fatto sobbalzare il componenti del consiglio camerale piacentino che si è riunito ieri nella sede di piazza Cavalli.

Ma, nonostante l’alzata di barricate, il testo non è stato stralciato, e, ad oggi, risulta ancora inserito a verbale. Il “paletto” confinerebbe la Camera di Commercio di Piacenza e le sue 38mila imprese iscritte – «Un ente senza auto blu, tra i più virtuosi in Italia » ha precisato Parenti, ieri mattina al consiglio riunito a Palazzo della Borsa – a un altro rischio di soppressione.

RINUNCIAMO AL 10%DEI DIRITTI – «Più che badare alle dimensioni, per le unificazioni guardiamo all’efficienza e ai bilanci – ha precisato Parenti -. Il nostro statuto è profondamente diverso da quello delle Province, non dobbiamo per forza seguire le loro sorti. Noi siamo l’unica Camera di commercio in Italia ad aver sostenuto la volontà di far diminuire il 10% dei diritti camerali per lasciarlo in tasca alle imprese. Non facciamo sfarzi, né ci permettiamo alcun lusso ».

«PRONTI ALLE DIMISSIONI» – Solidali tutti i rappresentanti delle categorie. «La sensazione è che, ora, si debba aspettare l’evolversi degli eventi, ma di certo va premiato chi ha lavorato meglio» invita Edo Cavazzi (artigianato). «Non siamo stati degnamente rappresentanti dalla politica – dice il presidente di Cna Piacenza, Dario Costantini -, in pochissimi si sono stracciati le vesti per Piacenza. Le Province dovevano essere abolite tutte, è inaccettabile vedere in un momento di crisi come questo, con la pressione fiscale che si è fatta insostenibile per le nostre imprese, gli sprechi della politica. Nessuno si chiede che fine faranno, ad esempio, le tante aziende piacentine che fanno assistenza: penso ai caldaisti, che saranno schiacciati in caso di accorpamento con Parma, dove la Camera di Commercio conta 46mila imprese. Se non saremo ascoltati, il nostro statuto prevede anche le dimissioni: potremmo dare un segnale forte».

«A NOI LE FUNZIONI PROVINCIALI » – L’accorpamento delle Province, per Mario Spezia, rappresentante del settore Servizi alle imprese, potrebbe essere la chiave di rilancio dell’ente camerale piacentino. «Candidiamoci ad avere alcune delle funzioni oggi in capo alle Province», ha detto. «Ad esempio, la delega per i centri per l’impiego, il lavoro, la formazione.

È evidente che non potranno più esistere due Unioni commercianti, una a Parma e una a Piacenza. E noi crediamo, però, che esisterà una Camera di Commercio a Piacenza? Non possiamo subire tutto questo. Governiamo il processo, il nostro destino dipende da noi». Cogliere opportunità, quindi, in un momento di confusione totale. Da Luigi Sidoli (Confagricoltura) l’invito a riflettere sul fatto che «parlare di deleghe senza sapere se verranno trasferite anche le relative risorse potrebbe essere problematico: se mancassero i fondi necessari per gestirle sarebbero ancora le imprese a dover contribuire».

ACCORPAMENTO INUTILE – Nei giorni scorsi erano uscite notizie che vedevano la posizione del presidente Parenti allineata su una ipotesi di accorpamento degli enti camerali di Piacenza, Parma, Lodi e Cremona, ipotesi che lui stesso, ieri, ormai, alla luce dei nuovi sviluppi, non ha esitato a definire «priva di fondamento ». Di certo, da oggi, occorre dare un nuovo significato alla parola territorio.

Libertà 06/10/2012