Nella mattinata di lunedì 20 aprile è stato presentato da Ires, Istituto delle ricerche economiche e sociali, il sesto osservatorio sull’economia e il lavoro di Piacenza. Dai dati analizzati, emerge che il miglioramento delle condizioni economiche è limitato alle aziende che intercettano l’economia globale. Le grandi imprese sono quelle maggiormente premiate come del resto lo sono quelle che si basano sulla risposta alla domanda estera.

Alla presentazione è intervenuto Marco Marrone che ha curato la redazione dell’osservatorio: «Da un lato assistiamo ad un relativo miglioramento degli indicatori economici. Non si può parlare ancora di vera e propria crescita ma di un arresto della recessione. Questo non basta ad avere effetti positivi sull’occupazione: la qualità e la quantità dell’occupazione peggiorano e quindi aumentano il tasso di disoccupazione e altre forme di inattività. Il mercato del lavoro è sempre più precario: diminuiscono i contratti a tempo indeterminato mentre sale il numero di quelli a tempo determinato (20,5%). Il commercio sperimenta in quest’ultimo biennio le prestazioni peggiori: a causa della prolungata crisi è avvenuta una contrazione dei consumi da parte delle famiglie di Piacenza. Calano le imprese piccole e medie. Hanno prestazioni migliori le società di capitale invece che quelle individuali».

I dati della ricerca di Ires mostrano come, nonostante ci sia un aumento di lavoro (spesso ordini dall’estero) non c’è stato un coincidente aumento delle occasioni lavorative che anzi si sono contratte. È invece cresciuto il numero di forme contrattuali precarie e i rapporti di lavoro opportunistici: questo fatto, spiega il documento, mostra come ci sia una scarsa fiducia nei confronti della tenuta di questa timida crescita da parte dei datori di lavoro. «Il calo di popolazione – spiega Marrone – è avvenuto sia in montagna che in pianura mentre in collina la situazione è di poco migliore. I flussi in uscita dicono che si emigra di più nelle regioni del nord. Abbiamo una crescita esponenziale di questo dato: l’Emilia Romagna è la seconda regione dalla quale si emigra di più. I flussi d’entrata sono diminuiti del 2,1 %. Vengono colpite da questo calo in particolare le comunità di Piacenza storicamente insediate come albanesi, marocchini, tunisini e bosniaci».

Il curatore della sesta edizione dell’osservatorio continua: «L’analisi congiunturale prende in considerazione le tendenze sul breve periodo. Per l’industria abbiamo un andamento positivo di produzione mentre l’edilizia è ancora in crisi: vediamo una piccola ripresa all’inizio del 2014 mentre alla fine dell’anno notiamo un calo. Per il commercio gli anni peggiori della crisi sono stati il 2012 e il 2013 mentre abbiamo un lieve miglioramento all’inizio del 2014 e una flessione alla fine. Le esportazioni si mantengono alte, anche più del livello regionale. La produzione meccanica è quello che esporta maggiormente ma anche la moda cresce in media del 25%. Sembrano andare meglio nell’export i prodotti finiti: dal 2001 ad oggi cresce sempre di più l’esportazione verso l’Asia e i paesi extra Unione Europea». Per quanto riguarda la forza lavoro di Piacenza nell’ultimo biennio possiamo parlare di “ripresa senza lavoro”: aumentano i dati economici ma peggiora la disoccupazione. Cresce il lavoro autonomo e diminuisce quello dipendente.

«Per quanto riguarda l’utilizzo degli ammortizzatori sociali – riprende Marrone – nel 2014 si è notata una flessione dell’utilizzo di ore di cassa integrazione: si presuppone quindi che ci sia un arresto della distruzione del lavoro. Interessante risulta essere il dato del fabbisogno occupazionale: servirebbe un aumento di 4.500 posti di lavoro per raggiungere la situazione che c’era prima della crisi. Nel 2013 scendono gli avviamenti del 5% rispetto all’anno precedente. Gli unici avviamenti che crescono sono quelli nel settore della logistica e nei servizi di cura mentre decrescono tutti gli altri».

«L’analisi della condizione sociale – afferma Marrone – è una novità dell’osservatori di quest’anno: il tasso di povertà relativa diminuisce nel 2012 mentre la disuguaglianza salariale aumenta. Dobbiamo interrogarci sulle sfide e le opportunità per Piacenza. Gli investimenti che abbiamo analizzato sono divisi in tre categorie: infrastrutturali (manutenzione Po, nuovo terminal merci e manutenzione e ammodernamento reti), produttivi (centrale di Caorso, Amazon e Eatily) e immateriali (Expo 2015).

A seguito della presentazione si è svolta una tavola rotonda su commercio artigianato e piccola media impresa.

Il primo ad intervenire è stato Gianluca Zilocchi, segretario Cgil Piacenza: «Crescono sempre di più i “bad job”, i rapporti lavorativi che non rispondono alle esigenze delle persone, ovvero quando una persona ha un’occupazione ma non riesce a portare a casa gli elementi per avere una certa stabilità economica. Anche per questo viene a mancare l’elemento che serve a rilanciare l’economia. Penso al Mercatone Uno e all’albergo Roma che ora sono in difficoltà: stiamo lavorando per queste grandi imprese ma anche per i piccoli artigiani che non riescono più a sopportare questa situazione economica. Il contesto nazionale non ci aiuta affatto: il jobs act porterà soltanto ad avviamenti di collaborazioni lavorative di breve durata che non si tradurranno in contratti stabili».

«Castelvetro ha visto l’insediamento di un grande centro commerciale – spiega Luca Quintavalla, consigliere della Provincia allo Sviluppo economico e sindaco di Castelvetro – che ha ucciso le piccole imprese. Ora è in crisi anche quello. La ricetta per combattere questo fenomeno non è facile da trovare. Speriamo che il progetto dell’Expo porti ricavati e che le ricadute siano non solo nei sei mesi dell’Esposizione universale ma anche nel futuro. Questa è una grande opportunità anche perché il nostro territorio ha bellissime qualità: se abbiamo progetti validi dobbiamo metterli in campo».

«Oggi – dice Dario Costantini, presidente del Cna – abbiamo due tipi di imprese: chi riesce a rivolgersi al mercato estero e chi si rivolge solo a quello nazionale. Non dobbiamo lasciare indietro nessuno: non possiamo puntare solo su alcune aziende. Non sempre in questi anni si è riservata la dignità che spettava alle piccole-medie imprese. Ora bisogna aiutarle perché sono davvero in difficoltà. Il grosso delle aziende del nostro paese, della nostra regione e della nostra provincia sono piccole imprese. Noi continuiamo a ragionare su quelle grandi ma dobbiamo dedicarci anche alle piccole anche se hanno dei limiti, per esempio fanno fatica a far rete, soprattutto negli ultimi anni ma quando cominciano a lavorare insieme solitamente riescono a raggiungere buoni risultati».

«Dopo 7 anni di crisi – interviene Fausto Arzani, direttore Confesercenti – vorrei poter dire che è finita ma non è così. Il commercio sta soffrendo ancora tantissimo: a Piacenza un commerciante su due che ha iniziato l’attività 3 anni fa, ha già chiuso. Le imprese non riescono a pianificare le assunzioni in quanto non possono pianificare nemmeno il proprio futuro.mAbbiamo bisogno sia dalla Regione che dallo Stato un intervento di tutela per situazioni simili a quella che si è venuta a creare nella nostra città: si vuole costruire una struttura commerciale in via Conciliazione mentre altre stanno chiudendo, Nuove aperture non significano sempre cose positive».

«Sappiamo – conclude Giovanni Struzzola, direttore Confcommercio – che c’è l’esigenza di far crescere i salari ma anche di contenere i costi. In Italia di chiacchiere se ne fanno tante ma di provvedimenti concreti pochi. Se non riusciamo a prendere decisioni definitive sull’aumento del salario del lavoratore, non possiamo andare avanti. Per quanto riguarda l’albergo Roma ci si sta preoccupando molto del fatto che Piacenza rischia di non avere una risposta ad un certo target di turisti in previsione di Expo. L’albergo Roma non è l’unico che ha chiuso anche se certamente è un po’ il simbolo dell’ospitalità della nostra città. Piacenza non vive di turismo reale ma piuttosto di turismo di business anche se ultimamente anche questo è calato. I costi di gestione del Roma non sono bassi. In tutti i casi non credo che questa struttura sparirà da Piacenza: la cosa si risolverà dopo Expo».

Il Piacenza 20/04/2015