Crisi. C’è chi la combatte. Chi ne resta strozzato. E c’è chi la cavalca, fino al punto di inventarsi un “mestiere”, che è un male antico: quello del presta-soldi. Fiumi sotterranei di liquidità che finiscono con il sommergere chi si trova in uno stato di disperazione. Finire nelle mani di uno strozzino, improvvisato o di professione, non è difficile se molti piacentini faticano addirittura a pagare le bollette alla fine del mese.

UNO SPORTELLO DI AIUTO I consiglieri comunali di minoranza Tommaso Foti e Erika Opizzi (Fratelli d’Italia) hanno chiesto che il Comune scenda in campo contro l’usura. «Anche a Piacenza centinaia di persone si trovano nella condizione di essere oltremodo indebitate: di queste, una quota rilevante, si trova in detto stato in ragione della così detta usura familiare – hanno detto i consiglieri (l’intervento integrale è stato riportato ieri) -. L’indebitamento medio delle famiglie piacentine è in costante aumento, come attestato da progressivi e preoccupanti fenomeni di impoverimento sia dei singoli, sia delle famiglie. A ciò si aggiunga che il perdurante periodo di crisi economica, unito ad un sempre più problematico accesso al sistema creditizio, rendono difficoltoso sia per le persone fisiche, sia per le piccole e medie imprese, l’ottenimento di finanziamenti dagli istituti di credito».

UNA SPIRALE SENZA SOLUZIONE Tra gioco e usura. La proposta è dunque quella di creare uno sportello anti-usura. Ma da dove nasce precisamente la mozione? «Più persone ci hanno chiesto aiuto – segnala Foti -, senza sbilanciarsi troppo, perché c’è paura, c’è vergogna. Ma la questione esiste, eccome. Alcuni si sono fatti prestare da privati importi miseri, mille euro, ma su questi sono stati applicati interessi del 20-25 per cento al mese. Di mezzo, oltre ai piccoli imprenditori, ci sono soprattutto le famiglie: un caso è quello di un padre di famiglia che, non riuscendo a pagare i debiti, si è dato al gioco, convinto di vincere. Da lì è iniziata una spirale irrisolvibile. C’è chi sta pensando di vendere la casa».

126 DENUNCE L’ANNO In EmiliaRomagna sono state presentate 126 denunce in un anno. I racconti sono tutti simili. Il prestito suona come un semplice prestito, e finisce con il diventare un cancro, i cui sintomi sono i debiti, gli interessi, che si moltiplicano, giorno dopo giorno. Per pagare il debito, si toglie denaro all’azienda, alla casa, alla famiglia. Si toglie la vita. A Piacenza si contano due episodi gravissimi negli ultimi due anni, ma sono tanti quelli che restano sott’acqua: non si tratta di vera e propria usura, spesso, ma di prestiti che finiscono con il togliere il respiro alle piccole imprese, agli artigiani. La criminalità organizzata, intanto, secondo le ultime analisi, sembra tendere a delocalizzarsi a Nord, tanto che oggi le maggiori istanze di accesso al fondo di solidarietà per le vittime di usura proverrebbero proprio da Lombardia ed Emilia: in quest’ultima sono state 126 le denunce di usura nel solo 2013. Tra le cause, la crisi economica e la chiusura dei rubinetti da parte delle banche. Così sono nati i prestiti “paralleli”, dei quali, come rilevato dalle associazioni dei consumatori, si trova traccia anche in semplici biglietti da visita lasciati sul tergicristallo dell’auto.

UN DRAMMA «Il ridimensionamento della Camera di Commercio di Piacenza, passato fino ad oggi in sordina, finirà con l’aggravare questa situazione – spiega Dario Costantini di Cna – . Siamo preoccupati. La Camera di Commercio garantisce un contributo importante ai Confidi. Senza questo, si creerà un ulteriore ostacolo all’erogazione del credito alle imprese, che si trovano già in una situazione gravissima». «Il tema del credito è principale – commenta il direttore di Confapindustria, Andrea Paparo -. Abbiamo di recente formalizzato uno sportello Confidi con linee di garanzia di credito, uno strumento completo per aiutare le aziende». Elisa Malacalza

Libertà del 12/08/2014