Il Tribunale del lavoro di Bologna ha emesso, il giorno 15 ottobre 2012, un’ordinanza – a quanto consta, la prima – in materia di licenziamento disciplinare irrogato dopo la legge 28 giugno 2012, n. 92, di riforma del mercato del lavoro (c.d. riforma Fornero). Con l’ordinanza del Tribunale di Bologna in oggetto siamo di fronte ad un’autentica primizia. A quanto consta, infatti, essa è la prima pronunzia, sia dal punto di vista temporale che logico-giuridico, in merito al “nuovo” art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come novellato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92.
La sua rilevanza sta nel fatto che, a dispetto degli auspici di una parte politica e di un pezzo della dottrina, il giudice ha pienamente conservato, ed esercitato, il potere che dalla legge stessa gli è attribuito.
Infatti, nonostante quell’indirizzo interpretativo del nuovo art. 18 che vorrebbe la reintegra comunque non possibile al solo ricorrere di determinate circostanze – ovvero: 1) laddove l’addebito contestato dal datore di lavoro si sia materialmente realizzato e 2) laddove, per la condotta contestata, il C.C.N.L. applicato non preveda una sanzione disciplinare diversa dal licenziamento – il giudicante ha, anzitutto, stabilito che “sotto il profilo della valutazione della gravità del comportamento addebitato, lo stesso non è idoneo ad integrare il concetto di giusta causa di licenziamento”; quindi, ha ordinato la reintegrazione sulla scorta del fatto che “la norma in questione, parlando di fatto, fa necessariamente riferimento al c.d. “fatto giuridico” inteso come il fatto globalmente accertato, nell’unicum della sua componente oggettiva e nella sua componente inerente l’elemento soggettivo. Né può ritenersi che l’espressione “insussistenza del fatto contestato” utilizzata dal legislatore facesse riferimento al solo fatto materiale, posto che tale interpretazione sarebbe palesemente in violazione dei principi generali dell’ordinamento civilistico, relativi alla diligenza e alla buona fede nell’esecuzione del rapporto lavorativo, posto che potrebbe giungere a ritenere applicabile la sanzione del licenziamento indennizzato, anche a comportamenti esistenti sotto l’aspetto materiale ed oggettivo, ma privi dell’elemento psicologico, o addirittura privi dell’elemento della coscienza e volontà dell’azione”.
L’ordinanza esaminata rappresenta un precedente giurisprudenziale importantissimo: anzitutto, perché interviene nella fase di prima applicazione della riforma del mercato del lavoro; quindi, perché conferma il fatto che nel nostro ordinamento non è possibile ricondurre le conseguenze di un licenziamento illegittimo ad un mero risarcimento economico.
26/10/2012