Il comparto da solo rappresenta la metà di tutte le imprese perse in un anno Più fragili, più esposti, spesso soli (in quanto “ditte individuali”), gli artigiani piacentini lasciano sul campo 308 imprese nell’anno che va dal giugno 2012 al giugno 2013. Esattamente la metà di quelle seicento imprese perdute di cui Libertà ha già dato ampiamente conto nei giorni scorsi come sintomo di una profonda crisi (vd. edizione del 25 luglio u. s.). Le rimaste: 8.852 Riassumendo, le imprese artigiane iscritte oggi in Camera di Commercio sono 8.852, ma nel giugno di un anno fa erano più numerose, 9.160, tuttavia già in caduta libera di ben 124 unità rispetto al giugno dell’anno precedente ancora, il 2011. E’ come una frana che anno dopo anno acquista potenza distruttiva. Il comparto nel suo complesso pesa per il 28,6 per cento del totale delle imprese piacentine e la perdita subita nell’ultimo anno si attesta al 3,4 per cento. Con un tasso di crescita negativo: – 2 per cento.

Andate in fumo Nella fattispecie, sono andare in fumo 186 imprese artigiane edili, 64 manifatturiere, 28 nei trasporti e 27 nei servizi, unica nota positiva le 6 imprese in più nel campo dei servizi e della ristorazione. Non consola il fatto che in una situazione analoga si trovino tutte le province confinanti, con punte di vero allarme a Parma e a Cremona.

Nuovi mostri «Sì, quest’anno sta andando peggio degli altri anni – ammette Dario Costantini, rappresentante del mondo dell’artigianato in consiglio camerale – e il governo sta tradendo le aspettative».

Gli artigiani si aspettavano una riduzione della burocrazia, avevano richiesto abolizione della responsabilità solidale negli appalti. «Invece ci siamo trovati una nuova sorpresa che si chiama Durt, un nuovo mostro». Anche se nelle ultime ore pare che a Roma si stia facendo retromarcia sul Durt (Documento Unico di Regolarità Tributaria) che l’appaltatore di opere e servizi dovrebbe richiedere all’ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate per accertare la posizione tributaria del subappaltatore. «Vedremo se lo toglieranno, s’era detto anche del Sistri» commenta Costantini con scetticismo e prosegue: «Avevamo chiesto uno sforzo maggiore sul fondo centrale di garanzia, per dare liquidità, non siamo stati accontentati neppure su questo versante, per quanto riguarda l’edilizia era stato chiesto di alleggerire le pratiche burocratiche sulla sicurezza sul lavoro, non abbiamo avuto il segnale che ci aspettavamo».

Salvare il Paese Questo ed altro nelle attese del mondo produttivo di piccola taglia. Invece. «Bisogna capire che ormai non si tratta di salvare le imprese – sottolinea Costantini – ma si tratta di salvare il Paese». E visto che nei dettagli si legge un mondo, eccone uno. Gli incentivi per le ristrutturazioni e l’efficienza energetica sono passati dal 55 al 65 per cento di sgravi. «Benissimo, è una spinta. Però poi devi chiamare l’architetto, l’ingegnere dell’antisismica, il geologo a supporto dell’ingegnere che fa l’antisismica, un ingegnere che segue l’aspetto della legge sulla coibentazione, un tecnico che fa la certificazione energetica, fai domanda, chiami persone e ricevi risposta dopo tre mesi». Insomma, la semplificazione qui cola a picco tra le onde dei troppi adempimenti. E dunque? «Dunque, cominciamo a velocizzare le pratiche edilizie – avverte il consigliere (e presidente di Cna) – ora c’è il tavolo camerale della burocrazia, abbiamo molte aspettative, sarà presieduto da Luigi Sidoli, direttore di Confagricoltura» si vedrà a cosa può approdare. In assenza di un volano economico nazionale, anche gli appigli locali, le facilitazioni servono. Un esempio. Se l’impresa deve consegnare una dichiarazione di conformità, manda all’ufficio competente un dipendente che impiegherà un certo tempo per spostarsi con l’auto, cercare parcheggio, far la fila e consegnare. E’ un costo che pesa sulle spalle sempre più fragili dell’artigianato. «Ma oggi ci sono strumenti informatici – gioca in contropiede Costantini – la posta certificata e l’assessore comunale Francesco Timpano sta spingendo in questa direzione, ci sono costi che non riusciamo più a riassorbire, oltre al costo “indecente” del personale. Abbiamo imprenditori che non portano a casa neppure lo stipendio, altri che chiudono dopo trent’anni di attività».

La nota rosa Tutto così buio? Tutto così poco risolvibile? Qualche spiraglio deve pur esserci. «Qualche imprenditore che ha voglia di investire c’è, sia nel settore della meccanica sia nell’alimentare. Ma a investire esiste un rischio ancora maggiore di una volta» commenta Costantini. E profetizza: se non saranno prese misure adeguate, la gente comincerà a scendere in piazza. Sempre più arrabbiata.

Libertà del 27/07/2013